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La profezia dei Maya sulla fine del mondo

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Fine del mondo: la bufala delle profezie Maya
Scritto da Massimo INTROVIGNE   

Ancora una volta appare chi crede di conoscere la data della fine del mondo. In questo caso utilizzando una supposta credenza dei Maya.
Mistificazioni e speculazioni di una previsione che si è trasformata in libri, film, trasmissioni tv, portando acqua al mulino del millenarismo
Un’antica profezia dei Maya annuncerebbe la fine del mondo esattamente il 21 dicembre 2012: lo ripetono libri, trasmissioni televisive, film. E molti sembrano prestarvi fede, incomprensibilmente. Perché, anche ammettendo che gli antichi Maya avessero davvero annunciato la fine del mondo per il 2012, questo ci aiuterebbe a comprendere meglio la cultura dei Maya ma non ci direbbe nulla sulla fine del mondo. Le credenze dei Maya non sono infatti “la verità” e risulta perlomeno bizzarro che oggi ci sia qualcuno che le assuma come punto di riferimento. Per esempio, per la cultura dei Maya era fondamentale che gli dei avessero bisogno dei sacrifici umani, perché tanti sacrifici umani avrebbero reso invincibili i loro regni. Il verdetto della storia è stato inesorabilmente diverso: i regni Maya sono scomparsi in seguito alla conquista spagnola.

Una “creazione” del XX secolo
In verità, i Maya non hanno previsto la fine del mondo per il 21 dicembre 2012. Questa è una teoria inventata da un ideologo del New Age nato in Messico ma cittadino statunitense, José Argüelles, negli anni 1970 e illustrata particolarmente nel suo volume del 1987 The Mayan Factor (in italiano Il fattore maya. La via al di là della tecnologia, WIP, Bari 1999). Pur avendo ottenuto un dottorato e diretto corsi in varie università, la materia di Argüelles è la storia dell’arte, non l’archeologia o la cultura Maya. Se, in aggiunta, si tiene conto del fatto che molte sue teorie, stando a quanto egli stesso ha francamente dichiarato, derivano da “visioni” che avrebbe avuto sotto l’influsso dell’LSD, si può capire perché non un solo specialista accademico dei Maya abbia mai preso sul serio Argüelles o le sue teorie sul 2012. “Ciarlatano” è una, e nemmeno la più severa, fra le molte espressioni sgradevoli che la comunità accademica ha usato nei suoi confronti.

Le speculazioni di Argüelles si basano sul fatto che per i Maya questo mondo è iniziato a una data che può essere calcolata. Differenti fonti danno diverse versioni, ma la data più diffusa corrisponde all’anno 3114 a.C. del nostro calendario. Da questa data iniziano cicli di anni chiamati b’ak’tun. Molti testi Maya parlano di venti b’ak’tun, dopo di che finirà questo mondo o ciclo. In una data fra il 21 e il 23 dicembre 2012, sempre secondo la versione più attestata dalle fonti del calendario Maya, finirà il tredicesimo b’ak’tun e inizierà il quattordicesimo. In genere la fine di un b’ak’tun per i Maya è occasione di celebrazioni e feste. Le iscrizioni e altre fonti che parlano di avvenimenti rilevanti in occasione della fine del tredicesimo b’ak’tun, nel dicembre 2012, fanno riferimento appunto a celebrazioni. Argüelles e i suoi sostenitori insistono sul Monumento 6 del sito archeologico Maya di Tortuguero, in Messico, che in corrispondenza della fine del tredicesimo b’ak’tun allude in termini peraltro confusi alla discesa di divinità e al fatto che “verrà il nero”. I commentatori accademici delle iscrizioni di Tortuguero pensano che si faccia riferimento anche qui a future cerimonie.

Il problema della fine del mondo

In ogni caso, se si prova a guardare complessivamente ai testi di Tortuguero, si trovano riferimenti anche ai b’ak’tun dal quattordicesimo al ventesimo, quindi è certo che i Maya dell’epoca di questi monumenti (secolo VII d.C.) non pensavano che il mondo sarebbe finito nel nostro 2012, cioè alla fine del tredicesimo b’ak’tun. E non è neppure certo che i Maya pensassero a una fine del mondo con la fine del ventesimo b’ak’tun (cioè nell’anno 4772, per cui si potrebbe comunque stare tranquilli per qualche millennio), perché prima del nostro mondo ce n’era stato un altro, e potrebbe dunque trattarsi della fine di un mondo e non del mondo. Inoltre, bisogna sempre ricordare che delle credenze dei Maya noi abbiamo un quadro soltanto incompleto e frammentario.

In ogni cultura il calendario ci dice quando secondo un certo modo di calcolo termina un ciclo: ma che cosa succede alla fine di questo ciclo non ce lo dicono l’astronomia ma la religione o l’astrologia. Il problema, però, è che non si ha neppure la certezza che i Maya avessero un’astrologia. Tutto quello che si può dire è che è possibile – ma non certo – che alcuni segni trovati in diversi codici (principalmente quello detto di Parigi, acquisito dalla Biblioteca Nazionale della capitale francese nel 1832, ma ce ne sono di meno chiari anche altrove) mettessero in corrispondenza animali e costellazioni, creando una sorta di zodiaco, forse con significato astrologico. Siamo dunque in presenza di una congettura sull’esistenza di tredici simboli che potrebbero formare uno zodiaco e che secondo l’interpretazione più autorevole sono: due tipi diversi di uccelli (ma è difficile identificare quali siano), uno squalo o pesce “xoc”, uno scorpione, una tartaruga, un serpente a sonagli, un serpente più grande ma non identificato quanto alla specie, uno scheletro, un pipistrello, più due animali che corrispondono a zone del codice (di Parigi) troppo danneggiate per un’identificazione certa. Dal momento che non è neppure certo che esistesse un’astrologia Maya, ogni congettura su “previsioni” collegate a questa astrologia è del tutto insensata.

Gli attuali indios discendenti dei Maya non prevedono la fine del mondo nel 2012. Vari studi di antropologi ed etnologi mostrano che non attendono nulla di particolare per questo anno, anzi non hanno mai sentito parlare di presunte profezie. Diversi studiosi dei Maya, piuttosto infastiditi, hanno parlato di una pura speculazione commerciale. È servita a lanciare diversi film, alcuni dei quali dal punto di vista meramente cinematografico sono anche ben fatti e gradevoli, purché li si consideri appunto delle semplici opere di fiction e non si pretenda di ricavarne profezie autentiche.

Quando è la vita a imitare l’arte
Da un punto di vista sociologico, forse si possono aggiungere due cose. La prima riguarda l’enorme impatto della popular culture – romanzi, film, televisione – su un’opinione pubblica dove ormai è la vita a imitare l’arte e non viceversa, e la fiction è considerata fonte autorevole d’informazioni sulla realtà (Il Codice da Vinci insegna). L’ultima puntata, del 2002, della popolarissima serie televisiva X-Files annunciava l’invasione degli alieni per il 21 dicembre 2012. Serie TV e film hanno una grandissima influenza su un pubblico “postmoderno”, dove i confini fra finzione e realtà si sono fatti davvero molto labili.

La seconda osservazione parte da un fatto: l’idea della profezia Maya lanciata da Argüelles era parte integrante del New Age. Oggi il New Age è in crisi, ma ci sono molti che – per le più svariate ragioni – hanno interesse a rilanciarlo e così la diffusione della presunta profezia sul 2012 è stata ed è una grande occasione per riproporre tesi del New Age.

Certo, della fine del mondo parla anche la Chiesa. Anzi, papa Benedetto XVI nell’enciclica del 2007 Spe salvi lamenta che non se ne parli abbastanza, perché la prospettiva della fine del mondo e del Giudizio Universale, dove i sacrifici dei buoni e la malizia dei malvagi emergeranno agli occhi di tutti e saranno definitivamente giudicati, illumina l’intera storia umana. Tuttavia, «anche sotto la sua forma mitigata, la Chiesa ha rigettato questa falsificazione del Regno futuro [che va] sotto il nome di “millenarismo”» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 676). Il millenarismo è la dottrina che pretende di detenere un sapere dettagliato, che va oltre la Sacra Scrittura e l’insegnamento del Magistero, sul “come” della fine del mondo e di poterne conoscere anche il “quando”. La Chiesa annuncia la parola del Vangelo di Matteo (25,13):

«Non sapete né il giorno né l’ora». E chi afferma di saperli s’inganna, e inganna chi gli presta fede.

Una “creazione” del XX secolo
In verità, i Maya non hanno previsto la
fine del mondo per il 21 dicembre 2012. Questa è una teoria inventata da un ideologo del New Age nato in Messico ma cittadino statunitense, José Argüelles, negli anni 1970 e illustrata particolarmente nel suo volume del 1987 The Mayan Factor (in italiano Il fattore maya. La via al di là della tecnologia, WIP, Bari 1999). Pur avendo ottenuto un dottorato e diretto corsi in varie università, la materia di Argüelles è la storia dell’arte, non l’archeologia o la cultura Maya. Se, in aggiunta, si tiene conto del fatto che molte sue teorie, stando a quanto egli stesso ha francamente dichiarato, derivano da “visioni” che avrebbe avuto sotto l’influsso dell’LSD, si può capire perché non un solo specialista accademico dei Maya abbia mai preso sul serio Argüelles o le sue teorie sul 2012. “Ciarlatano” è una, e nemmeno la più severa, fra le molte espressioni sgradevoli che la comunità accademica ha usato nei suoi confronti.
Le speculazioni di Argüelles si basano sul fatto che per i Maya questo mondo è iniziato a una data che può essere calcolata. Differenti fonti danno diverse versioni, ma la data più diffusa corrisponde all’anno 3114 a.C. del nostro calendario. Da questa data iniziano cicli di anni chiamati b’ak’tun. Molti testi Maya parlano di venti b’ak’tun, dopo di che finirà questo mondo o ciclo. In una data fra il 21 e il 23 dicembre 2012, sempre secondo la versione più attestata dalle fonti del calendario Maya, finirà il tredicesimo b’ak’tun e inizierà il quattordicesimo. In genere la fine di un b’ak’tun per i Maya è occasione di celebrazioni e feste. Le iscrizioni e altre fonti che parlano di avvenimenti rilevanti in occasione della fine del tredicesimo b’ak’tun, nel dicembre 2012, fanno riferimento appunto a celebrazioni. Argüelles e i suoi sostenitori insistono sul Monumento 6 del sito archeologico Maya di Tortuguero, in Messico, che in corrispondenza della fine del tredicesimo b’ak’tun allude in termini peraltro confusi alla discesa di divinità e al fatto che “verrà il nero”. I commentatori accademici delle iscrizioni di Tortuguero pensano che si faccia riferimento anche qui a future cerimonie.
Il problema della fine del mondo
In ogni caso, se si prova a guardare complessivamente ai testi di Tortuguero, si trovano riferimenti anche ai b’ak’tun dal quattordicesimo al ventesimo, quindi è certo che i Maya dell’epoca di questi monumenti (secolo VII d.C.) non pensavano che il mondo sarebbe finito nel nostro 2012, cioè alla fine del tredicesimo b’ak’tun. E non è neppure certo che i Maya pensassero a una fine del mondo con la fine del ventesimo b’ak’tun (cioè nell’anno 4772, per cui si potrebbe comunque stare tranquilli per qualche millennio), perché prima del nostro mondo ce n’era stato un altro, e potrebbe dunque trattarsi della fine di un mondo e non del mondo. Inoltre, bisogna sempre ricordare che delle credenze dei Maya noi abbiamo un quadro soltanto incompleto e frammentario.
In ogni cultura il calendario ci dice quando secondo un certo modo di calcolo termina un ciclo: ma che cosa succede alla fine di questo ciclo non ce lo dicono l’astronomia ma la religione o l’astrologia. Il problema, però, è che non si ha neppure la certezza che i Maya avessero un’astrologia. Tutto quello che si può dire è che è possibile – ma non certo – che alcuni segni trovati in diversi codici (principalmente quello detto di Parigi, acquisito dalla Biblioteca Nazionale della capitale francese nel 1832, ma ce ne sono di meno chiari anche altrove) mettessero in corrispondenza animali e costellazioni, creando una sorta di zodiaco, forse con significato astrologico. Siamo dunque in presenza di una congettura sull’esistenza di tredici simboli che potrebbero formare uno zodiaco e che secondo l’interpretazione più autorevole sono: due tipi diversi di uccelli (ma è difficile identificare quali siano), uno squalo o pesce “xoc”, uno scorpione, una tartaruga, un serpente a sonagli, un serpente più grande ma non identificato quanto alla specie, uno scheletro, un pipistrello, più due animali che corrispondono a zone del codice (di Parigi) troppo danneggiate per un’identificazione certa. Dal momento che non è neppure certo che esistesse un’astrologia Maya, ogni congettura su “previsioni” collegate a questa astrologia è del tutto insensata.
Gli attuali indios discendenti dei Maya non prevedono la fine del mondo nel 2012. Vari studi di antropologi ed etnologi mostrano che non attendono nulla di particolare per questo anno, anzi non hanno mai sentito parlare di presunte profezie. Diversi studiosi dei Maya, piuttosto infastiditi, hanno parlato di una pura speculazione commerciale. È servita a lanciare diversi film, alcuni dei quali dal punto di vista meramente cinematografico sono anche ben fatti e gradevoli, purché li si consideri appunto delle semplici opere di fiction e non si pretenda di ricavarne profezie autentiche.
Quando è la vita a imitare l’arte
Da un punto di vista sociologico, forse si possono aggiungere due cose. La prima riguarda l’enorme impatto della popular culture – romanzi, film, televisione – su un’opinione pubblica dove ormai è la vita a imitare l’arte e non viceversa, e la fiction è considerata fonte autorevole d’informazioni sulla realtà (Il Codice da Vinci insegna). L’ultima puntata, del 2002, della popolarissima serie televisiva X-Files annunciava l’invasione degli alieni per il 21 dicembre 2012. Serie TV e film hanno una grandissima influenza su un pubblico “postmoderno”, dove i confini fra finzione e realtà si sono fatti davvero molto labili.
La seconda osservazione parte da un fatto: l’idea della profezia Maya lanciata da Argüelles era parte integrante del New Age. Oggi il New Age è in crisi, ma ci sono molti che – per le più svariate ragioni – hanno interesse a rilanciarlo e così la diffusione della presunta profezia sul 2012 è stata ed è una grande occasione per riproporre tesi del New Age.
Certo, della fine del mondo parla anche la Chiesa. Anzi, papa Benedetto XVI nell’enciclica del 2007 Spe salvi lamenta che non se ne parli abbastanza, perché la prospettiva della fine del mondo e del Giudizio Universale, dove i sacrifici dei buoni e la malizia dei malvagi emergeranno agli occhi di tutti e saranno definitivamente giudicati, illumina l’intera storia umana. Tuttavia, «anche sotto la sua forma mitigata, la Chiesa ha rigettato questa falsificazione del Regno futuro [che va] sotto il nome di “millenarismo”» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 676). Il millenarismo è la dottrina che pretende di detenere un sapere dettagliato, che va oltre la Sacra Scrittura e l’insegnamento del Magistero, sul “come” della fine del mondo e di poterne conoscere anche il “quando”. La Chiesa annuncia la parola del Vangelo di Matteo (25,13):
«Non sapete né il giorno né l’ora». E chi afferma di saperli s’inganna, e inganna chi gli presta fede.
BIBLIOGRAFIA
Massimo Introvigne, New Age & Next Age, Piemme, 2000.
 
IL TIMONE  N. 90 - ANNO X II - Febbraio 2010 - pag. 26 - 27.

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