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Idolatria statue immagini Santi dottrina Bibbia

Confutazioni al Protestantesimo

L’IDOLATRIA

Studio blico, catechesi sulla presunta idolatria dei cattolici


Una delle accuse più infamanti che un cristiano possa ricevere è quella di essere idolatra. Essere chiamato idolatra, per un cristiano, infatti, è altamente offensivo. Molti protestanti definiscono “idolatri” noi cattolici, perché ci rivolgiamo anche ai santi in cielo, affinché preghino per noi il Signore Dio nostro, cioè Gesù Cristo, unico nostro intercessore presso Dio. Spesso il cattolico medio si rivolge al suo santo di fiducia, in maniera spontanea, perché ormai abituato da tempo, a farlo. Non si chiede se quella richiesta di preghiera sia adorazione o venerazione, si rivolge al santo per chiedergli aiuto, e basta. Il chiedere preghiere al santo a cui si è devoti, non è sbagliato, perché in fin dei conti si attua il consiglio di s.Paolo quando ci esorta a pregare gli uni per gli altri.

L’abitudine a rivolgersi al santo piuttosto che direttamente a Gesù, però in taluni cattolici, provoca assuefazione negativa. Il cristiano che  rivolge a Maria le sue richieste d’aiuto non sbaglia affatto, biblicamente parlando.
Ciò in realtà avviene normalmente nelle richieste di preghiera tra vivi, ma tra vivi e “morti”, dicono, non sia permesso.


Il punto di svolta per i protestanti sarebbe capire che i credenti morti nella carne, in realtà non escono dalla Chiesa, ma continuano a farne parte. I credenti in cielo sono vivi, quindi attivi, il fatto che molti protestanti li definiscano in modi confusi, come immersi in uno stato di incoscienza, o di inattività temporale, in attesa della fine del mondo, non lo troviamo scritto nella Bibbia. Un credente, quindi un santo, vivo, in cielo cosa potrebbe fare in attesa della fine del mondo? Semplicemente esercitare il dono della carità ricevuto dallo Spirito Santo. Questa carità è palese che non può essere rivolta prevalentemente agli altri santi che sono in cielo, perché come troviamo scritto nella Bibbia essi non sono più soggetti ai problemi della carne, né alle malattie, né alle tentazioni.

Chi, dunque, ha ancora bisogno della loro carità? Evidentemente noi pellegrini che ancora viviamo sulla terra. I santi vivi, in cielo pregano Cristo, in favore nostro, allo stesso identico modo che se fossero anche loro vivi sulla terra. Non sta scritto nella Bibbia che i santi morti nella carne non fanno più parte del corpo di Cristo. A volerci riflettere serenamente, il corpo di Cristo non è un corpo con alcune parti morte, in cancrena, ma un corpo pieno di vita e santità. Nel corpo di Cristo non esistono cellule morte, ne consegue che i santi in cielo fanno parte del Suo corpo, e quindi sono vivi e operanti. Ogni cellula del corpo opera, vive, non sta immobile e inoperante, altrimenti muore.

Per chi i santi del cielo possono provare pena e compassione? Per noi sulla terra è ovvio, non certo per coloro che vivono in cielo. Ecco perché è logico che preghino Gesù Cristo in favore nostro, seguendo il consiglio di san Paolo che esortava a pregare gli uni per gli altri. Se io chiedo ad un mio fratello, su questa terra, di pregare per me, non sto amando il fratello più di Gesù, ma sto semplicemente chiedendo il suo aiuto, perché magari lui è spiritualmente più elevato di me. In ogni caso non sto adorando il fratello. Allo stesso modo se chiedo l’aiuto di Maria, non la sto adorando, perché so perfettamente che lei pregherà Gesù per me. Ma, allora non si può pregare direttamente Gesù? Certo che si può, ma allora perché san Paolo ci ha consigliato di pregare gli uni per gli altri? Perché il cristiano deve esercitare la carità benigna e fraterna. Il cristiano non è un egoista che prega solo per se, ma è un uomo interessato alla salvezza degli altri uomini.

Parlare di sentimenti come può essere l’adorazione, la venerazione o anche l’amore e l’amicizia è difficile. La difficoltà maggiore sta nel trasporre in un suono o una parola quello che l’uomo sente dentro di sé. Così come la parola “amicizia” ha diversi gradi di significato, dato che parte da una semplice conoscenza e arriva ad un legame che sfiora l’amore, così anche definire, ad esempio, la venerazione che i cattolici provano verso determinate persone, che non devono necessariamente essere morte, diventa difficile. Lo stesso vale per “adorazione”
Il termine “adorazione” ha subito diversi cambiamenti di significato in italiano come, del resto, anche in altre lingue.
Inizialmente questo termine aveva un significato molto ampio e veniva rivolto a persone degne di particolare onore, di particolare rispetto e dignità. Usualmente era attribuito a persone sagge, a giudici e, naturalmente, anche a Dio.
In italiano questo modo di definire le persone, diciamo così, importanti si è perso nel tempo ma è rimasto, per esempio, nella lingua inglese. Infatti, i magistrati inglesi che da noi, nei telefilm, sentiamo definire come “vostro onore” in realtà sono chiamati “Your Worship”. Questo, naturalmente, solo in Inghilterra in quanto negli U.S.A. il termine è invece “Your Honor”, molto più simile all’italiano, Worship, ovviamente, significa “adorare”.


Questo naturalmente non significa che gli inglesi adorino i magistrati come se fossero dei, ma semplicemente riconoscono loro un onore appropriato all’incarico che stanno svolgendo.
E’ solo un esempio, che però è utile a spiegare come il termine “adorazione” non sia stato fin da subito unico appannaggio di Dio.
Infatti, anche nella nostra lingua, inizialmente “adorare” significava attribuire un alto onore a qualcuno, e infatti tutti i dizionari specificano che questo termine può significare onorare, venerare, adorare (quest’ultimo riferito al solo vero Dio).

Comunque, se andiamo a vedere le Scritture troviamo che anche nella Bibbia “adorare” ha un senso molto ampio. Tuttavia nei primi s
ecoli di vita della cristianità,  i teologi cominciarono a fare delle differenze fra i diversi tipi di onore in modo che fosse chiaro cosa doveva essere attribuito solo a Dio e cosa poteva essere attribuito anche alle creature.

Ironicamente questa è una tradizione della Chiesa in quanto nella Bibbia questa distinzione non esiste oppure non è così chiara. Ma lo vedremo dopo. Nel frattempo diciamo che i teologi svilupparono il termine di “latrìa” per indicare quell’onore che è dovuto solo a Dio e il termine “dulìa” per gli esseri umani. Coniarono anche un terzo termine “iper dulìa” (cioè superiore alla dulìa) riferito a Maria.
Questo termine non nacque per caso, ma per fare in modo che a Maria venisse riconosciuta una dignità maggiore di quella degli altri santi (in quanto era stata resa degna di un privilegio assolutamente unico) ma nello stesso tempo, poiché era soltanto una creatura, questa dignità fosse dello stesso tipo di quella delle altre creature.


I teologi italiani hanno reso i termini di “dulìa” e “latrìa” con i verbi “venerare” e “adorare”.
Sfortunatamente molti fratelli non-cattolici sono stati talmente ben istruiti nella loro ostilità verso la Chiesa Cattolica romana che non riescono (o non vogliono) accettare queste distinzioni. Si sentono spesso, affermare, con estrema sicurezza che i cattolici adorano Maria e i santi. Insomma, che sono (siamo) degli idolatri. Qualcuno di loro va addirittura oltre dichiarando che a Maria e ai santi non va neppure riconosciuta la venerazione. Comunque questo capitolo trova il suo completamento in quello dedicato alla comunione dei santi, e anche in quello dedicato a Maria, che vi esorto a leggere.
I fratelli non cattolici ci accusano ad esempio di prostrarci davanti alla statua di Maria in segno di “adorazione”…
E’ giusto pregare Maria e prostrarsi a terra davanti a lei?
Questa è idolatria?
I protestanti dicono di sì, infatti ci accusano di peccare di idolatria tutte le volte che chiediamo l’aiuto in preghiera di Maria e ci prostriamo davanti a lei.


Ma la Bibbia che cosa ci dice?
Nelle Sacre Scritture ci sono molti inchini e prostrazioni, ben 272 casi e molti a persone umane, senza mai tacciare di idolatria chi li ha praticati.
C’è invece chi resta convinto che le prostrazioni siano atti idolatrici e basta.
Voglio subito far notare che in Gen. 33,3 Giacobbe si prostrò sette volte fino a terra, mentre andava avvicinandosi al fratello Esaù; come spiegano questo episodio i fratelli separati?
Dopo un momento di iniziale imbarazzo rispondono che Giacobbe si inginocchiò in segno di rispetto verso Esaù suo fratello maggiore. Ma per evitare tanti battibecchi tra cristiani, Dio non poteva suggerire all’agiografo un’altro modo per descrivere il rispetto che nutriva Giacobbe verso suo fratello?


Dio sorgente di infinita sapienza sapeva benissimo che ci sarebbero state diverse interpretazioni sulla sua Parola, ma sapeva, e sa, altrettanto bene che la vera Chiesa di Cristo avrebbe difeso l’integrità della stessa, e ne avrebbe mantenuto la Chiave di interpretazione. Tuttavia senza i continui pungoli degli avversari probabilmente sarebbero venuti a mancare gli stimoli all’approfondimento teologico. Paradossalmente serve chi tenga sveglia la Chiesa, e non gli permetta di assopirsi sulla sua teologia. La Chiave che Cristo affidò a Pietro e agli Apostoli, quella chiave che i protestanti non posseggono, e mai potranno dimostrare di possedere, perché mai potranno dimostrare la loro discendenza apostolica, l’ha sempre posseduta la Chiesa cattolica romana. Questo molti pastori lo sanno bene, infatti cercano in tutti i modi di demolire e annullare il valore della discendenza apostolica, quando invece Paolo stesso lo raccomanda esplicitamente ai suoi discepoli. Bibbia troviamo altri esempi di inchini e prostrazioni, in Gen 42,6 “… i fratelli di Giuseppe vennero da lui e gli si prostrarono davanti con la faccia a terra”;
costoro stavano forse adorando Giuseppe?
E’ evidente che si inginocchiarono davanti a lui in segno di pentimento e rispetto.


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