Padre Nostro - sbagliato tenersi per mano Catechesi - Cristiani Cattolici: Pentecostali Apologetica Cattolica Studi biblici

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Padre Nostro - sbagliato tenersi per mano Catechesi

Catechesi terza parte
Siamo a Messa. C’è il Padre Nostro: ci prendiamo per mano o alziamo le braccia?
Gelsomino Del Guercio/Aleteia | Mag 26, 2014         

Queste pratiche non sono esplicitamente proibite nel Messale, ma non corrispondono nemmeno a una sana liturgia
Durante il Padre Nostro ci teniamo per mano o teniamo le mani alzate? Quale delle due pratiche è più corretta?
Il liturgista padre Henry Vargas Holguin premette: «La pratica di prendersi per mano al momento di recitare il Padre Nostro  deriva dal mondo protestante. Il motivo è che i protestanti, non avendo  la Presenza Reale di Cristo, ovvero non avendo una comunione reale e  valida che li unisca tra loro e con Dio, considerano il gesto di  prendersi per mano un momento di comunione nella preghiera comunitaria».

Nella Messa, spiega padre Henry, «abbiamo due momenti  importanti: la Consacrazione e la Comunione. È lì – nella Messa – che  risiede la nostra unità, è lì che ci uniamo a Cristo e in Cristo  mediante il sacerdozio comune dei fedeli; il prendersi per mano è  ovviamente una distrazione da questo. Noi cattolici ci uniamo nella Comunione, non quando ci prendiamo per mano».

GESTO NON PREVISTO
Nell’Istruzione Generale del Messale Romano «non c’è nulla che indichi che la pratica di prendersi per mano vada effettuata. Nella Messa ogni gesto è regolato dalla Chiesa e dalle sue rubriche.  È per questo che abbiamo parti particolari della Messa in cui  inginocchiamo, parti in cui ci alziamo, altre in cui ci sediamo ecc., e  non c’è alcuna menzione nelle rubriche che parli del fatto che dobbiamo  prenderci mano al momento di recitare il Padre Nostro».
PERCHE’ BISOGNA EVITARLO
«Si deve quindi evitare questa pratica – sentenzia il  liturgista – durante la celebrazione della Messa. Se qualcuno vuole  farlo può (a mo’ di eccezione) con qualcuno di assoluta fiducia, senza  forzare nessuno, senza dar fastidio a nessuno e senza volere che questa  pratica diventi una norma liturgica per tutti. Bisogna tener conto del fatto che non tutti vogliono prendere la mano del vicino, e cercare di imporlo è qualcosa che va a detrimento della preghiera, della pietà e del raccoglimento».

LA PREGHIERA COMUNITARIA
Un’altra cosa molto diversa è «la preghiera comunitaria al  di fuori della Messa; quando si recita fuori dalla Messa non c’è alcuna  opposizione se si prende la mano di qualcuno, perché è un gesto emotivo  e simbolico».

L’ESSERE IN COMUNIONE
Questo, come altri atteggiamenti, evidenzia il liturgista,  «non è altro che l’esaltazione del sentimento. L’essere in comunione  con qualcuno non consiste tanto nel prendere qualcuno per mano quando si  recita il Padre Nostro, ma nel fatto di essere confessato, di essere in  stato di grazia e soprattutto nell’essere preparato all’Eucaristia».
Se il gesto di prendersi la mano «fosse necessario o  importante o conveniente per tutta la Chiesa», i vescovi o le Conferenze  Episcopali avrebbero inviato già da molto tempo «una richiesta a Roma  perché questa pratica venisse impiantata. Non lo hanno fatto, né credo  che lo faranno mai».

LA DISPOSIZIONE DELLA CEI
Proprio la Conferenza Episcopale Italiana in una nota del 1983, “Precisazioni sulla celebrazione eucaristica“, che sconsiglia il tenersi per mano durante il Padre Nostro, spiegando che invece corretto tenere le mani alzate verso l’alto.
Il documento suggerisce, al numero 1: “Durante il canto  o la recita del Padre nostro, si possono tenere le braccia allargate;  questo gesto, purché opportunamente spiegato, si svolga con dignità in  clima fraterno di preghiera”.

IL “MESSAGGIO” DELLE MANI
Il prendersi per mano non solo vuol dire duplicarlo  inutilmente, ma soprattutto distoglie l’attenzione da quel “rivolgersi  in alto” che è il fondamento della comunione.
Per questo è consigliabile, come suggeriscono i vescovi, che le mani durante il Padre nostro si levino in alto per chiedere “che  sia santificato il suo nome, che sia fatta la sua volontà, che venga il  suo regno, che Lui dia il pane, il perdono, la forza dinanzi al male e  la liberazione da esso”; per poter poi scambiarci il segno fraterno  della pace (e in questa circostanza avviene il “contatto” con il nostro  vicino), radicando la carità nella fede che nasce dall’alto.

TENSIONE VERSO IL PADRE
Come osservava don Piero Ciardella, direttore dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose Niccolò Stenone di Pisa, su Toscana Oggi «colui  che prega in piedi e con le braccia alzate esprime con il corpo, prima  che con le parole, una tensione verso il “Padre”, l’attesa  (escatologica) di un evento: “venga il tuo Regno, sia fatta la tua  volontà”, e l’aspettativa di un dono gratuito: “dacci il pane  quotidiano, rimetti i nostri debiti, liberaci dal male”. Esprimere  questo momento alto della preghiera liturgica con un gesto di comunione  fraterna, qual è appunto il darsi la mano, mi pare riduttivo e banalizzante,  e finisce, poi, per svilire anche il gesto seguente dello scambio della  pace col quale si esterna la volontà di riconciliazione».
fonte: Aleteia.org
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