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Il Corano e La Bibbia Falso pacifismo musulmano

Islam
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L'obiettivo dei Mussulmani è quello di conquistare il mondo con i ventri delle loro donne.


I nascituri acquisiscono la nazionalità dei paesi occidentali, e appena diventeranno la maggioranza, scenderanno in politica e comanderanno loro, tentando di distruggere definitivamente il cristianesimo.
Non è affatto vero che i musulmani sono pacifici, la storia ce lo insegna e il video che vedere qui sotto lo fa capire molto chiaramente.

Dal libro Guida politicamente scorretta all'Islam e alla Crociate ed. Lindau.

Non servono chissà quali studi per rendersi conto che l'esistenza in un paese islamico è diversa dalla vita che si conduce negli Stati Uniti o in Gran Bretagna.
La rottura incomincia con Maometto. Oggi che in così tanti invocano le parole e i gesti del Profeta per giustificare atti di violenza e spargimenti di sangue, è dunque essenziale conoscere più da vicino questa personalità determinante. In Occidente, la vita di Maometto è in generale molto meno nota rispetto a quella delle altre grandi figure religiose. La maggior parte della gente, ad esempio, sa che Mosè ricevette i Dieci Comandamenti sul monte Sinai, che Gesù morì crocifisso per poi risuscitare dopo tre giorni e forse persino che Buddha raggiunse l'illuminazione mentre sedeva sotto un albero.

Ma di Maometto si sa molto meno, e anche il poco che si conosce è oggetto di discussione. Attingeremo le nostre informazioni, di conseguenza, unicamente da testi islamici. Primo dato fondamentale: Muhammad 'Ibn 'Abdallah 'Ibn 'Abd al-Muttalib (570-632),
il Profeta dell'Islam, fu un uomo di guerra. Esortò i suoi seguaci a combattere per la nuova religione da lui fondata e disse che Allah, il loro dio, aveva ordinato ai fedeli di imbracciare le armi. E lui stesso, anziché limitarsi a predicare la guerra, combatté in numerose battaglie. Si tratta di fatti cruciali per chiunque voglia davvero capire cosa abbia scatenato le crociate, secoli fa, o cosa abbia condotto, oggi, a una mobilitazione su scala globale dei combattenti del jihad. Nel corso di questi scontri Maometto articolò numerosi principi, che da allora i musulmani non hanno mai smesso di seguire. Ripercorrerli può gettare nuova luce sugli articoli che ogni giorno campeggiano sulle prime pagine dei quotidiani - una luce che purtroppo a tanti esperti continua a sfuggire.

Maometto conobbe l'esperienza della guerra prima ancora di assumere il ruolo di Profeta. Prese infatti parte a due scontri locali fra la sua tribù, gli Hurays, e i vicini Banu Hawazin, loro rivali. Ma la doppia posizione di Profeta-combattente risale a un periodo successivo. In seguito alla rivelazione, ricevuta nel 610 dall'arcangelo Gabriele, in un primo tempo Maometto si limitò a predicare il culto esclusivo di Allah e il proprio ruolo di Profeta. Ma alla Mecca l'accoglienza dei suoi fratelli Hurays fu alquanto deludente: essi reagirono in maniera sprezzante alla sua chiamata profetica e rifiutarono di abbandonare gli antichi idoli. Al che iniziarono a crescere in lui la frustrazione e la collera. E quando persino suo zio, 'Abu Lahab, si rifiutò di ascoltarlo, il Profeta imprecò con violenza contro di lui e sua moglie, rivolgendo loro parole che il Corano, il libro sacro dell'Islam, non manca di riportare: «Periscano le mani di 'Abu Lahab, e perisca anche lui. Le sue ricchezze e i suoi figli non gli gioveranno.

Sarà bruciato nel Fuoco ardente, assieme a sua moglie, la portatrice di legna, che avrà al collo una corda di fibre di palma » (Corano CXI, 1-5).
Dopodiché, dalle parole, Maometto passò ai fatti, che si rivelarono altrettanto violenti. Nel 622 il Profeta lasciò la nativa Mecca per l'attigua città di Medina, dove un gruppo di guerrieri tribali lo aveva accettato come Profeta giurandogli fedeltà. E fu a questo punto che i nuovi musulmani, spesso guidati da Maometto in persona, iniziarono ad assaltare le carovane degli Hurays: razzie che contrassegnarono l'origine del neonato movimento musulmano, contribuendo alla formazione della teologia islamica. Tristemente noto, tra gli altri, è l'episodio di Nakhla, un insediamento non lontano dalla Mecca in cui una banda di musulmani assalì una carovana Hurays.

I predoni attaccarono il convoglio nel mese sacro di Rajab, durante il quale combattere era proibito. Tornati con il bottino all'accampamento musulmano, Maometto non volle partecipare alla divisione della refurtiva né avere nulla a che fare con l'accaduto, limitandosi a dire: «Io non vi ho ordinato di combattere durante il mese sacro»  
Ma poi da Allah giunse una nuova rivelazione che spiegò come la resistenza degli Hurays a Maometto costituisse una trasgressione peggiore dell'avere violato il mese sacro. In altre parole, l'incursione era giustificata. «Ti chiedono del combattimento nel mese sacro. Di': "Combattere in questo tempo è un grande peccato, ma più grave è frapporre ostacoli sul sentiero di Allah e distogliere da Lui e dalla Santa Moschea. Ma, di fronte ad Allah, peggio ancora scacciarne gli abitanti. L'oppressione è peggiore dell'omicidio."» (Corano II, 217) Qualsiasi peccato avessero commesso i predoni di Nakhla, esso passava in secondo piano rispetto al rifiuto che gli Hurays opponevano a Maometto.

Proprio come oggi: stragi di civili
Quando
Osama bin Laden provocò la morte di migliaia di cittadini inermi nell'attentato al World Trade Center dell'11 settembre 2001, e in seguito i suoi correligionari irakeni fecero prigionieri e decapitarono numerosi ostaggi innocenti, i portavoce dei musulmani americani asserirono senza troppa convinzione che l'Islam proibiva di accanirsi sui civili. Un'affermazione discutibile, dal momento che alcune autorità giudiziarie islamiche considerano l'uccisione di cittadini inermi lecita qualora a questi ultimi sia imputabile una qualche forma di collaborazione con i nemici dell'Islam2. Un'idea la cui diretta conseguenza sarebbe il principio teorizzato in seguito alla razzia di Nakhla: «L'oppressione è peggiore dell'omicidio». Da cui risulta che non esiste azione più meritevole dell'attaccare con ogni mezzo possibile chiunque perseguiti i musulmani.

Si trattava dunque di una rivelazione di straordinaria importanza,  e altrettanto determinanti sarebbero state le sue ripercussioni nel tempo. Il bene divenne identificabile con qualsiasi cosa andasse a beneficio dei musulmani, indipendentemente dal fatto che violasse la morale o altre leggi. La morale assoluta dei Dieci Comandamenti e gli altri dettami delle grandi religioni che precedettero l'Islam furono accantonati  a favore di un soverchiante principio di convenienza.

La battaglia di Badr


Subito dopo Nakhla i musulmani affrontarono la loro prima battaglia. Maometto aveva saputo che dalla Siria stava arrivando una grande carovana Hurays, carica di merci e denaro. «È la carovana che trasporta i beni degli Hurays», disse ai suoi seguaci. «Attacchiamola, forse Dio ci aiuterà a catturarla. »3 Quindi si avviò verso la Mecca alla guida dei predoni. Ma questa volta gli Hurays non si fecero cogliere impreparati, e andarono incontro ai trecento uomini di Maometto forti di quasi mille guerrieri. Al che il Profeta, che probabilmente non si aspettava un nemico tanto numeroso, preso dal panico si rivolse ad Allah: «O Dio, se oggi saremo sconfitti, nessuno più adorerà il tuo nome». E nonostante la loro superiorità numerica, gli Hurays furono sbaragliati. Secondo alcune tradizioni musulmane Maometto stesso partecipò al combattimento; altre fonti riferiscono
che si limitò a incitare i compagni dalle retrovie. In ogni caso, la vittoria gli offrì l'occasione di vedere finalmente vendicati anni di frustrazione, risentimento e odio verso coloro che l'avevano respinto. In seguito, uno dei combattenti musulmani ricordò la maledizione lanciata da Maometto all'indirizzo dei capi Hurays: «Il Profeta disse "O Allah! Distruggi i capi dei Hurays, Allah! Distruggi 'Abù Gahl bin Hisam, 'Utabah biri Rabfah, Saybah bin Rabl'ah, 'Uqba bin Abr Mu'ayt, 'Umaiyyah bin Halaf (o 'Ubay bin Halaf)"».  Tutti questi uomini furono catturati o uccisi durante la battaglia di Badr. 'Uqba, uno dei capi Hurays a cui Maometto aveva augurato la morte, supplicò i nemici perché gli fosse risparmiata la vita:
«Chi si occuperà dei miei bambini?».

«L'inferno», rispose il Profeta dell'Islam, e ordinò che 'Uqba venisse giustiziato.  Un altro capo tribù Hurays, 'Abu Gahl (appellativo attribuitogli dagli storici musulmani che significa «padre dell'ignoranza »; il suo vero nome era 'Amr bin Hisam), fu decapitato. Il guerriero che gli mozzò il capo mostrò orgogliosamente a Maometto il proprio trofeo: «Gli ho tagliato la testa e l'ho portata a vedere ai fedeli, dicendo loro "Questa è la testa
del nemico di Dio, 'Abu Gahl"». Maometto ne fu deliziato. «Sia lodato Allah», esclamò, «non c'è altro Dio al di fuori di Lui». E rese grazie per la morte del suo nemico
7.

Le salme di tutti gli uomini maledetti da Maometto vennero gettate in una fossa. Così riferì un testimone oculare: «In seguito vidi che erano morti tutti durante lo scontro.
I cadaveri furono poi gettati in un pozzo a eccezione del corpo di Umaiya o Ubai, il quale era così grasso che per farlo entrare nella buca lo si dovette squartare». Allora Maometto, schernendoli e apostrofandoli «gente della fossa», rivolse ai morti una questione teologica: «Avete visto realizzarsi le promesse di Dio? Quanto a me, tutto ciò che gli avevo chiesto si è avverato ». E quando gli domandarono perché stesse parlando ai defunti, il Profeta rispose: «Essi sentono quello che dico proprio come lo sentite voi, ma non possono rispondermi». Per i musulmani la battaglia di Badr divenne un punto di svolta leggendario. Maometto sostenne persino che schiere di angeli si erano unite ai suoi uomini per punire gli Hurays, e che anche in futuro i seguaci di Allah avrebbe potuto contare su simili aiuti: «Allah vi fece vincere, deboli com'eravate, a Badr: siate timorati di Allah, ché forse, così, diventerete riconoscenti.

Tu dicevi: "Iddio vi manderà in rinforzo dall'alto tremila Angeli. Non vi bastano?". Certo che vi bastano. Ma se siete costanti e timorati, e quelli vi giungono addosso all'improvviso, il vostro Signore vi manderà in rinforzo ben cinquemila Angeli, coi loro distintivi» (Corano III, 123-125). Un'altra rivelazione da parte di Allah sottolineò che era stata la devozione, e non la forza militare, a far sì che i musulmani vincessero a Badr:
«Vi fu certamente un segno nelle due schiere che si fronteggiavano: una combatteva sul sentiero di Allah e l'altra era miscredente, li videro a colpo d'occhio due volte più numerosi di quello che erano.

Ebbene, Allah presta il Suo aiuto a chi vuole. Ecco un argomento di riflessione per coloro che hanno intelletto» (Corano III, 13). Un altro passaggio coranico spiega come a Badr i musulmani non fossero stati altro che strumenti passivi della volontà divina:
«Non siete certo voi che li avete uccisi: è Allah che li ha uccisi» (Corano Vili, 17). E Allah avrebbe garantito ai fedeli musulmani la vittoria su eserciti anche più numerosi di quello sconfitto a Badr:

«O Profeta, incita i credenti alla lotta. Venti di voi, pazienti, ne domineranno duecento e cento di voi avranno il sopravvento su mille miscredenti. Ché in verità è gente che nulla comprende» (Corano Vili, 65).

Oltre a garantire loro la vittoria, Allah ricompensò i guerrieri di Badr con un ricco bottino - così ricco da divenire oggetto di contesa. Ed erano tali i dissidi che lo stesso Allah ne parlò in una sura del Corano interamente dedicata alla battaglia di Badr: si tratta dell'ottavo capitolo, intitolato «Al'
Anfal» («Il bottino di guerra» o «Bottino»). Qui Allah ammonisce i musulmani affinché considerino il bottino di Badr proprietà di nessun altro a eccezione di Maometto: «Ti interrogheranno a proposito del bottino. Di':
"Il bottino appartiene ad Allah e al Suo Messaggero".

Temete Allah e mantenete la concordia tra di voi. Obbedite ad Allah e al Suo Messaggero, se siete credenti» (Corano Vili, 1). Alla fine Maometto distribuì equamente il bottino ai musulmani, tenendone un quinto per sé: «Sappiate che del bottino che conquisterete, un quinto appartiene ad Allah e al Suo Messaggero, ai parenti, agli orfani, ai poveri, ai viandanti, se credete in Allah e in quello che abbiamo fatto scendere sul Nostro schiavo nel giorno del Discrimine, il giorno in cui le due schiere si incontrarono» (Corano Vili, 41). E Allah sottolineò che si trattava di una ricompensa per la devozione dimostratagli: «Mangiate quanto vi è di lecito e puro per voi nel bottino che vi è toccato e temete Allah, Egli è perdonatore misericordioso» (Corano Vili, 69). La minuscola, disprezzata comunità dei musulmani divenne così una forza che i pagani d'Arabia non poterono più permettersi d'ignorare, e che col tempo iniziò a seminare il terrore nel cuore dei suoi nemici. La pretesa di Maometto di essere l'ultimo Profeta dell'unico vero Dio sembrava confermata da vittorie che andavano al di là di ogni aspettativa. Vittorie che avevano radicato nell'animo dei musulmani una serie di atteggiamenti e di presupposti ancora oggi ampiamente diffusi. In particolare:

L'idea che, finché i musulmani rimarranno fedeli ai suoi comandamenti, Allah assicurerà loro la vittoria anche contro nemici più numerosi e più potenti.  Che il successo in battaglia dia loro il diritto di appropriarsi dei beni dei nemici sconfitti.

Che la vendetta cruenta contro i propri nemici non sia soltanto prerogativa divina, ma spetti anche a coloro che gli si sottomettono sulla terra. Non a caso lo stesso termine Islam significa sottomissione.


Che i prigionieri di guerra possano essere giustiziati a discrezione dei capi musulmani.

Che coloro che rifiutano l'Islam «di tutta la creazione siano i più abbietti» (Corano XCVIII, 6) e dunque non meritino alcuna pietà.

Che chiunque offenda o in qualche modo si opponga a Maometto o ai suoi seguaci meriti una morte umiliante - se possibile per decapitazione. Il che corrisponde del resto al volere di Allah, che ordina di «colpire al collo» i «miscredenti» (Corano XLVII, 4).


Ma soprattutto, la battaglia di Badr fu il primo esempio pratico di quella che in seguito sarebbe divenuta nota come la dottrina islamica del jihad: una dottrina la cui comprensione getterà nuova luce sia sulle crociate sia sull'attuale scontro di civiltà.

«Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori.» Gesù (Matteo 5,44)

«Preparate, contro di loro, tutte le forze che potrete [raccogliere] e i cavalli addestrati per terrorizzare il nemico di Allah e il vostro e altri ancora che voi non conoscete, ma che Allah conosce.»

Corano VII, 60

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