Peccati veniali cosa sono Catechesi - Cristiani Cattolici: Pentecostali Apologetica Cattolica Studi biblici

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Peccati veniali cosa sono Catechesi

Catechesi quarta parte

IL PECCATO VENIALE. DAVVERO E' COSA DA NIENTE? QUANTI PREGIUDIZI GROSSOLANI ABBIAMO SOPRA QUESTO TEMA!

Intorno al peccato veniale abbiamo pregiudizi grossolani, che riescono di grande danno al nostro profitto spirituale. Persuasi che sia cosa da nulla, lo com­mettiamo ogni giorno e direi quasi ogni ora, senza pensare alla malizia che racchiude in sé, alle tristi conseguenze che lascia ed ai castighi che ci accumula sul capo dall'Eterna Giustizia.

«E' una colpa veniale, diciamo se non con le parole almeno coi fatti; è un'imperfezione che si lava con acqua santa, con un segno di croce o con una giaculatoria; e non dobbiamo essere tanto scrupolosi. Non v'è neppur l'obbligo di confessarcene, perchè non toglie la grazia di Dio. Se avessi a guardarmi dalle bugie, dal ridere a spalle altrui, dalle piccole golosità, non la finirei più. Dovrei stare continuamente su me stesso, condurre una vita mesta; ed avrei timore di cadere in scrupoli e rompermi il capo ». Ma non così ragionavano i Santi. Contemplando le cose alla luce divina, essi nutrivano un orrore estremo al peccato veniale e gli mossero guerra a morte, pronti a subire qualunque pena, piuttosto ché commetterlo.

Udite il concerto armonioso, che s'innalza dalle loro vite e che rende splen­dido omaggio alla Giustizia ed alla Bontà divina, mentre fa uno strano contrasto con la nostra vergognosa condotta.


La serafica vergine di Siena, Santa Caterina, uscita da un'estasi in cui aveva contemplata la bellezza di un'anima in grazia di Dio e la miseria di quella che è macchiata di peccato, scriveva:
« Se l'anima, di sua natura immortale, potesse morire, basterebbe ad ucciderla la vista di un peccato veniale che ne scolorisse la bellezza! ».

Udite il concerto armonioso, che s'innalza dalle loro vite e che rende splen­dido omaggio alla Giustizia ed alla Bontà divina, mentre fa uno strano contrasto con la nostra vergognosa condotta.

« Amo meglio, esclama Sant'Edmondo, gettarmi in un rogo ardente, anziché commettere avvertitamente qualsiasi peccato contro il mio Dio». Santa Caterina da Genova getta uno sguardo sull'azzurra immensità dell'oceano, pensa al mare di fuoco che sommerge i dannati nell'inferno, come i pesci nell'acqua; e da qui, com'è proprio delle anime amanti che vedono dovunque un segno dell'oggetto amato, risale a Dio, mare di bontà, e medita sui benefizi fatti all'uomo e sulla malizia del peccato. Allora, fuori di sé per dolore, esclama: « O mio Dio, per fuggire un peccato anche lieve, io mi getterei, se fosse necessario, in un abisso di fiamme e vi resterei per tutta l'eternità, piuttosto che commetterlo per uscirne.




Sant'Ignazio di Loiola insegnava spesso ai suoi discepoli: « Chi è geloso della purità della sua coscienza deve confondersi alla presenza di Dio per i peccati più lievi, considerando che, Colui contro cui sono commessi è infinito nelle sue perfezioni; la qual cosa li aggrava di una malizia infinita ».

Ammaestrato da questi santi princìpi sant'Alfonso Rodriguez fece risuonare le mura del convento, di cui era portinaio, con quest'ammirabile ed eroica preghiera, che trova eco fedele in tutti i cuori veramente divorati dallo zelo per la glo­ria di Dio: « Prima soffrire, o Signore, tutte le pene dell'inferno, che commettere un sol peccato veniale! ».

Nella storia della Chiesa si trovano spesso anime generose che sacrificarono la vita temporale, anziché salvarla con una bugia o con un peccato veniale. E' ben noto il fatto di quel Santo che, ricercato a morte dall'imperatore, ricoverò in sua casa i soldati che andavano in cerca di lui, li trattò con ogni squisitezza, of­frendo loro cibo e ricovero per la notte. Arrivato il mattino, gli domandarono se avesse notizia di un cristiano, che non viveva secondo le leggi dell'impero ed era perciò stato condannato a morte. Ed egli confessò semplicemente che era lui stes­so; e si offerse pronto ad accompagnarli alla corte. Ma quei soldati, pieni di gratitudine per le cure ricevute, gli propo­sero la fuga, assicurandolo che avrebbero riferito di non averlo trovato. Il Santo rifiutò recisamente per non farli cadere in una menzogna; ed andò coraggiosa­mente incontro al martirio.

Così ragionano e così operano i Santi. Chi ha ragione, il mondo o questi eroi, seguaci delle massime del Vangelo? Noi che valutiamo le cose alla luce del tempo, od essi che le considerano alla luce infallibile dell'eternità? Noi, che con lo sguardo miope vediamo solo la terra coi suoi beni miserabili, o essi che con la pupilla dell'aquila contemplavano il mondo avvenire e le gioie immortali del Cielo?

Il peccato veniale può essere più pericoloso di quello mortale?
E' vero per lo stato di tiepidezza che caratterizza chi vive in grazia di Dio ma si lascia dominare da una certa negligenza o pigrizia spirituale

Quesito

Caro Padre Angelo,

intanto la saluto e la ringrazio per questo prezioso servizio che offre con pazienza a noi tutti.Volevo porle una questione circa  il peccato veniale. Tempo fa mi è capitato di leggere sul settimanale "Tempi" un articolo scritto da un sacerdote missionario  (in risposta ad un lettore) che da subito ho ritenuto interessante,  e devo dire anche sorprendente e provocante  che si intitolava così: "Il peccato veniale ci sbriciola come col legno".  Leggendo l'articolo si incontra un passo dove il sacerdote sostiene che il peccato veniale è più pericoloso di quello mortale, spiegando che ..."il peccato mortale è eclatante, molto evidente, come un forte temporale o un terremoto e uno lo vede .... e si ravvede. Ma quello veniale è come un tarlo nel legno, uno lo lascia entrare, e lui, il tarlo, pian piano senza che ce ne si avveda , mangiucchia tranquillo, a poco a poco. Il risultato è che il legno a poco a poco perde la sua consistenza e si sbriciola". "Il tarlo del legno, continua l'articolo, si nutre della polpa del legno, per sterminarlo ci vuole una disinfestazione sicura sia per la salute di fusti vivi che per l'integrità della mobilia d'appartamento".  Al che, anch'io mi sono illuminato a queste parole e ho capito l'importanza di confessare con cura anche i peccati veniali, avendo compreso che essi possono essere dannosi per la nostra umanità e che spesso agiscono, al contrario di quelli mortali, subdolamente, facendoci allontanare pian piano dal Signore, magari senza che noi ce ne avvediamo.  Volevo chiedere un suo giudizio su quanto ho letto e se ritiene corretto confessare bene anche i peccati veniali. La ringrazio e le assicuro la mia preghiera.

Risposta del sacerdote

Carissimo,

1. quello che il padre missionario ha scritto è vero non tanto per il singolo peccato veniale, quanto piuttosto per lo stato di tiepidezza in cui ci si lascia trascinare. Lo stato di tiepidezza si caratterizza per questo: si vive in grazia di Dio e non si commettono peccati gravi, ma ci si lascia dominare da una certa negligenza o pigrizia spirituale per cui non si va avanti nell’unione con Dio. Talvolta chi vive nella tiepidezza ha conosciuto in precedenza un certo fervore, ha servito Dio con fedeltà. Ma ora si trova quasi in uno stato di indifferenza. A detta dei maestri di vita spirituale due sono generalmente le cause che portano a tale stato: il lasciarsi andare nel peccato veniale compiendo con svogliatezza e nella maniera più spiccia le pratiche di pietà e il rifiuto dei sacrifici chiesti dal Signore.

2. Circa la prima causa giova fare un confronto con il compimento diligente del proprio dovere. Come le gocce d'acqua a poco a poco corrodono la pietra (gli antichi dicevano: gutta cavat lapidem, la goccia scava la pietra) e come la pioggia con il suo susseguirsi di gocce feconda un terreno arido, così le nostre buone azioni compiute ripetutamente generano le virtù, le alimentano e le fanno progredire. In questo modo le singole azioni, a motivo del fervore con cui si compiono, hanno la capacità di aprire sempre di più a Dio e al prossimo. Inversamente la negligenza e la trascuratezza anche in piccole cose nel servizio di Dio può condurre ben presto alla negligenza di realtà più grandi. Si pensi ad esempio ad una persona che non fa gran caso ad arrivare con un po’ di ritardo all’Eucaristia, che non le importa più di tanto se mezza lettura sia già stata proclamata e non capisce il senso del rimanente (queste mancanze sono peccati veniali): sarà inevitabile che partecipi alla Messa con animo distratto e curioso. In altre parole, compirà esternamente il proprio dovere, ma internamente rimane vuota e come denutrita. Come il sacco vuoto non sta in piedi, così pone tutte le premesse per cadere nel peccato grave.

3. Il Signore ha detto: “Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti” (Lc 16,10). E ha aggiunto che “chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto” (Ib.). Chi è fedele nel compimento dei propri doveri compiendoli con fervore, può già sperimentare di qua quanto sia la promessa di Gesù: “Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone” (Mt 25,21).

4. Circa il secondo punto: il rifiuto dei piccoli sacrifici richiesti dal Signore può portare alla tiepidezza interiore. Alcuni sentono l’ispirazione ad una vita più seria, più dedita alla preghiera, alla pratica dell'umiltà e della pazienza, ma non vi corrispondono con prontezza.Il risultato è che poco per volta non avvertono neanche l’ispirazione e il cuore rimane come indurito.

5. Scrive il padre R. Garrigou Lagrange: “Il peccato veniale non distrugge la carità, ma la paralizza nella sua azione e nel suo sviluppo, la raffredda, ne ostacola il volo. Non dà la morte all'anima, ma la lascia senza forze e senza energie per il bene. Spegne il fervore dell'amore divino, ottenebra gli occhi dell'anima, oscura la visione di Dio, come la paralisi parziale che, senza togliere la vita, ostacola, e a volte anche molto, la libertà dei movimenti” (Vita spirituale, p. 49). E ancora: “Il peccato veniale ci priva sovente di grazie preziose. Forse che d'ora innanzi Dio sarà meno buono e meno comunicativo? No; siamo noi che cambiamo. Le grazie che rifiutiamo ritornano nel seno di Dio per colpa nostra, o, per essere più precisi, sono riversate su altre anime migliori. Il nostro talento sarà dato ad altri che lo sapranno far fruttificare. I lumi divini si fanno quindi meno vivi per noi, gli inviti della grazia meno frequenti, meno intensi, meno vittoriosi. (…). A volte i peccati veniali ripetuti trascinano anche, indirettamente, al peccato mortale. Mentre le grazie si fanno più rare, le cattive inclinazioni prendono il sopravvento e la grazia santificante che dimora nell'anima perde a poco a poco la sua libertà; l'intelligenza viene sopraffatta dalle tenebre; la volontà s'indebolisce, il cuore s'indurisce” (Ib.). E conclude con Santa Teresa d’Avila: “In questi pantani ci sono delle febbri che indeboliscono incredibilmente l’anima e possono condurla alla morte” (Ib., p. 51).

Ti ringrazio d’aver attirato l’attenzione su questi punti della vita spirituale. È necessario essere vigilanti e avere la volontà di progredire. Ti ricordo al Signore e ti benedico.
dal sito Aleteia.org

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