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Dio e l'esistenza del dolore malattia morte catechesi

Risposte Veloci

L’ateo militante convertitosi a causa del dolore innocente

«Chi crede in Dio, deve spiegare l’esistenza del dolore. Ma chi non crede in Dio, deve spiegare tutto il resto»,


dice una famosa citazione. E’ vero, se l’esistenza del bello e del vero inquieta chi non ha fede, l’esistenza del dolore mette a dura prova la fede. Come può un Dio buono permetterlo?

Abbiamo più volte risposto ricordando che Gesù ci ha insegnato che da ogni male, misteriosamente Dio ne trae sempre un bene maggiore. Ce lo ha mostrato tramite la sua stessa vita: la sofferenza della croce, la tortura dell’ingiusta passione che ha subito sono state la circostanza per la sua resurrezione. Un bene infinito ha richiesto un male ingiusto, così «se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà» (Mt 16, 24,25).

Se vissuti in questo modo, allora, il male e il dolore possono diventare l’occasione di nuove riflessioni, l’acquisizione di nuovi pensieri e sentimenti, e persino di una felicità sconosciuta in precedenza, più profonda, intensa e inattesa.

E’ quello che è accaduto a Scott Coren, un “ateo militante” che, come ha spiegato a “TheBlaze”, credeva in un «mondo in cui opera solo il caso e la selezione naturale», ma poi qualcosa è cambiato. Nel 2012 è nata sua figlia con un grave problema cardiaco e ha iniziato le cure quotidiane nelle strutture mediche, osservando alcune dinamiche che gli hanno cambiato il cuore e la mente.

Guardando infatti le infermiere occuparsi dei bambini malati, Scott ha cominciato a trasformare le sue idee su Dio e sull’aldilà: «La morte non può essere il fine delle cose.
Semplicemente non ha senso». «Sono stato fortunato», ha aggiunto, «perché ho un’impronta cristiana dentro di me. Uno dei soliti sottoprodotti di essere un ateo militante è sapere verso cosa si sta militando contro».

La “ragione” e “logica” che una volta usava per negare l’esistenza di Dio lo hanno portato improvvisamente verso una fede in qualcosa di più profondo e, nonostante i suoi migliori sforzi per evitare di diventare cristiano,  Scott ha spiegato che le sue facoltà di ragionamento lo hanno lasciato senza alcuna opzione alternativa: «un processo molto graduale e lento» iniziato con la malattia di sua figlia.

«Mia figlia è nata con un problema cardiaco. Per due anni e mezzo sto con lei e non posso lasciarla sola per un secondo, la situazione potrebbe precipitare in un attimo» ha spiegato. Ma mentre alcuni tendono ad incolpare Dio quando i propri cari vivono una malattia, Scott ha vissuto tutto il contrario
: ha iniziato nuovamente a leggere i Vangeli, questa volta sotto una lente diversa. «E’ quasi come riscoprire la mia cultura. Credo che Dio si serva di tutto per raggiungere qualcuno», notando di aver speso la sua vita ignorando i segni e le rivelazioni. «In realtà c’è un conforto nel negare Dio, ironia della sorte, a vedere le cose accadere come fossero colpi di fortuna».

La figlia di Coren ha ancora bisogno di un intervento chirurgico, ma la sua prognosi è positiva. Cosa c’è di più sofferente e tragico di una figlia malata? Eppure, come abbiamo visto, l’esistenza del male non è per forza un’obiezione a Dio. Il dolore e il male sono una circostanza, una croce da portare sia per chi li vive in prima persona, sia per chi gli è vicino. E, se vissuti così, possono spalancare il cuore ad una vita migliore, ad una coscienza più matura, ad una fede più certa. Da ogni male Dio ne trae, misteriosamente, un bene maggiore. Oggi Coren può testimoniarlo.


La redazione di UCCRonline.it

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