Adamo ed Eva sono realmente esistiti? - Cristiani Cattolici: Pentecostali Apologetica Cattolica Studi biblici

Vai ai contenuti

Adamo ed Eva sono realmente esistiti?

Catechesi prima parte

Adamo ed Eva sono realmente esistiti?
Si tratta di storia o di leggenda simbolica?

E' necessaria una premessa proprio sul concetto di "storia". Se la intendiamo in senso stretto come ciò che è accaduto e come il relativo resoconto documentario, criticamente verificabile, è facile intuire che quelle pagine bibliche non sono classificabili sotto questa categoria.

Non abbiamo, infatti, documenti che attestino ciò che è avvenuto alle origini della genesi umana, soprattutto se si tiene conto del fatto che essa fu un fenomeno molto complesso e non istantaneo, anche se retto dall'azione creatrice di Dio. Il fatto che quell'evento non sia documentabile in senso "storiografico" non significa, però, che esso non sia reale nè che non possa essere analizzato in sede scientifica e in sede filosofico-teologia. Lasciamo stare la questione scientifica che non è di nostra competenza e prescinde dal nostro quesito. Fermiamoci su quella teologica: essa ha il suo referente di base nelle citate pagine bibliche.
Ora, quei capitoli, come aveva dichiarato anni fa anche papa Giovanni Paolo II durante una delle sue catechesi del mercoledì, sono soprattutto di carattere teologico e nascondono in sè una potente carica "metafisica".
E' necessaria una premessa proprio sul concetto di "storia". "Che cosa è accaduto alle origini del cosmo e come si è formato l'uomo?", vuole infatti rispondere a quest'altro interrogativo: "Qual è la realtà profonda, qual è il senso dell'uomo all'interno della realtà creata?"  Com'è evidente, la realtà "storica" dell'essere umano è coinvolta non nella sua dimensione scientifica o in quella estrinseca ("fenomenica" dicono gli studiosi), quanto piuttosto nel suo senso profondo e intimo. Per questo gli esegeti biblici parlano di "metastoria" e classificano quelle pagine come "sapienziali", ossia filosofico-teologiche (ma questo non significa nè fantasia, nè leggenda!).


Facciamo un passo ulteriore. Protagonista di quel racconto è in ebraico ha.'adam, che in passato si traduceva come un nome proprio, Adamo. In realtà in ebraico ha- è l'articolo e 'adam significa "uomo". Per l'autore sacro di scena, è dunque l'uomo cge appare sulla faccia della terra, non sappiamo quando e come  (almeno in modo storico, nel senso tecnico sopra indicato). Ma proprio a causa di quel nome a lui attribuito, 'adam-uomo, e a causa qualità sapienziale di quella narrazione, l'autore "ispirato" da Dio vuole occuparsi dell'uomo nella sua identità ultima e profonda che sarà presente e operante in tutti gli uomini e in tutte le donne. Per questo si può parlare correttamente di "storia emblematica"  non in un senso vago di metafora poetica (anche se quel testo è letterariamente efficace e ha stimolato la cultura e l'arte di tutti i secoli successivi), bensì in un senso esistenziale e reale che coinvolge l'intera umanità. Adamo è allora il nome ultimo e profondo di nostro padre e di nostro figlio ma anche di noi stessi, e il suo peccato è una realtà che coinvolge tutti coloro che portano quel nome, cioè gli esseri umani.20 A questo punto si aprirebbe il discorso sulla qualità e sul significato di quel peccato "originale", nel senso che esso è alla radice e all'origine del nostro essere uomini, "adamici", liberi e dotati  di senso morale. Ma questo è un discorso ulteriore di grande rilievo teologico, sempre però ancorato alla realtà "storica" dell'umanità nel senso più radicale del termine, sviluppato in vari testi ecclesiali e in tanti scritti dei teologi.

dal libro 150 questioni di fede di mons. Ravasi

Il peccato originale.
LA PROVA DELLA LIBERTÀ
396 - Dio ha creato l'uomo a sua immagine e l'ha costituito nella sua amicizia. Creatura spirituale, l'uomo non può vivere questa amicizia che come libera sottomissione a Dio. Questo è il significato del divieto fatto all'uomo di mangiare dell'albero della conoscenza del bene e del male, o perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti» (Gn 2,17). «L'albero della conoscenza del bene e del male» (Gn 2,17) evoca simbolicamente il limite invalicabile che l'uomo, in quanto creatura, deve liberamente riconoscere e con fiducia rispettare. L'uomo dipende dal Creatore, è sottomesso alle leggi della creazione e alle norme morali che regolano l'uso della libertà.

IL PRIMO PECCATO DELL'UOMO
397 - L'uomo, tentato dal diavolo, ha lasciato spegnere nel suo cuore la fiducia nei confronti del suo Creatore e, abusando della propria libertà, ha disobbedito al comandamento di Dio. In ciò è consistito il primo peccato dell'uomo. In seguito, ogni peccato sarà una disobbedienza a Dio e una mancanza di fiducia nella sua bontà.
398 - Con questo peccato, l'uomo ha preferito se stesso a Dio, e, perciò, ha disprezzato Dio: ha fatto la scelta di se stesso contro Dio, contro le esigenze della propria condizione di creatura e conseguentemente contro il suo proprio bene. Costituito in uno stato di santità, l'uomo era destinato ad essere pienamente «divinizzato» da Dio nella gloria. Sedotto dal diavolo, ha voluto diventare «come Dio» (Gn 3,5), ma «senza Dio e anteponendosi a Dio, non secondo Dio.

399 - La Scrittura mostra le conseguenze drammatiche di questa prima disobbedienza. Adamo ed Eva perdono immediatamente la grazia della santità originale. Hanno paura di quel Dio di cui si sono fatti una falsa immagine, quella cioè di un Dio geloso delle proprie prerogative.
400 - L'armonia nella quale essi erano posti, grazie alla giustizia originale, è distrutta; la padronanza delle facoltà spirituali dell'anima sul corpo è infranta; l'unione dell'uomo e della donna è sottoposta a tensioni; i loro rapporti saranno segnati dalla concupiscenza e dalla tendenza all'asservimento. L'armonia con la creazione è spezzata: la creazione visibile è diventata aliena e ostile all'uomo. A causa dell'uomo, la creazione è soggetta alla schiavitù della corruzione. Infine, la conseguenza esplicitamente annunziata nell'ipotesi della disobbedienza realizzerà: l'uomo tornerà in polvere, quella polvere dalla quale è stato tratto. La morte entra nella storia dell’umanità.

401 - Dopo questo primo peccato, il mondo è inondato da una vera «invasione» del peccato: il fratricidio commesso da Caino contro Abele; la corruzione universale quale conseguenza del peccato; nella storia d'Israele, il peccato si manifesta frequentemente soprattutto come infedeltà al Dio dell'Alleanza e come trasgressione della Legge di Mosè; anche dopo la redenzione di Cristo, fra i cristiani, il peccato si manifesta in svariati modi. La Scrittura e la Tradizione della Chiesa richiamano continuamente la presenza e l'universalità del peccato nella storia dell'uomo: «Quel che ci viene manifestato dalla rivelazione divina concorda con la stessa esperienza. Infatti, se l'uomo guarda dentro al suo cuore, si scopre anche inclinato al male e immerso in tante miserie che non possono certo derivare dal Creatore che è buono. Spesso, rifiutando di riconoscere Dio quale suo principio, l'uomo ha infranto il debito ordine in rapporto al suo ultimo fine, e al tempo stesso tutto il suo orientamento sia verso se stesso, sia verso gli altri uomini e verso tutte le cose create».

CONSEGUENZE DEL PECCATO DI ADAMO PER L'UMANITÀ
402 - Tutti gli uomini sono coinvolti nel peccato di Adamo. San Paolo lo afferma: «Per la disobbedienza di uno solo, tutti sono stati costituiti peccatori» (Rm 5,19); «Come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato...» (Rm 5,12). All'universalità del peccato e della morte l'Apostolo contrappone l'universalità della salvezza in Cristo: «Come dunque per la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l'opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che dà vita» (Rm 5,18).

403 - Sulle orme di san Paolo la Chiesa ha sempre insegnato che l'immensa miseria che opprime gli uomini, la loro inclinazione al male e l'ineluttabilità della morte non si possono comprendere senza il loro legame con la colpa di Adamo e prescindendo dal fatto che egli ci ha trasmesso un peccato dal quale tutti nasciamo contaminati e che i «morte dell'anima». Per questa certezza di fede, la Chiesa amministra il Battesimo per la remissione dei peccati anche ai bambini che non hanno commesso peccati personali.

404 - In che modo il peccato di Adamo è diventato il peccato di tutti i suoi discendenti?
Tutto il genere umano è in Adamo. «sicut unum corpus unius hominis - come un unico corpo di un unico uomo». Per questa «unità del genere umano» tutti gli uomini sono coinvolti nel peccato di Adamo, così come tutti sono coinvolti nella giustizia di Cristo. Tuttavia, la trasmissione del peccato originale è un mistero che non possiamo comprendere appieno. Sappiamo però dalla Rivelazione che Adamo aveva ricevuto la santità e la giustizia originali non soltanto per sé, ma per tutto il genere umano: cedendo al tentatore, Adamo ed Eva commettono un peccato personale, ma questo peccato intacca la natura umana, che essi trasmettono in una condizione decaduta. Si tratta di un peccato che sarà trasmesso per propagazione a tutta l'umanità, cioè con la trasmissione di una natura umana privata della santità e della giustizia originali. Per questo il peccato originale è chiamato «peccato» in modo analogico: è un peccato «contratto» e non «commesso», uno stato e non un atto.
405 - Il peccato originale, sebbene proprio a ciascuno, in nessun discendente di Adamo ha un carattere di colpa personale. Consiste nella privazione della santità e della giustizia originali, ma la natura umana non è interamente corrotta: è ferita nelle sue proprie forze naturali, sottoposta all'ignoranza, alla sofferenza e al potere della morte, e inclinata al peccato (questa inclinazione al male è chiamata «concupiscenza»). Il Battesimo, donando la vita della grazia di Cristo, cancella il peccato originale e volge di nuovo l'uomo verso Dio; le conseguenze di tale peccato sulla natura indebolita e incline al male rimangono nell'uomo e lo provocano al combattimento spirituale.

406 - La dottrina della Chiesa sulla trasmissione del peccato originale è andata precisandosi soprattutto nel V secolo, in particolare sotto la spinta della riflessione di sant'Agostino contro il pelagianesimo, e nel XVI secolo, in opposizione alla Riforma protestante. Pelagio riteneva che l'uomo, con la forza naturale della sua libera volontà, senza l'aiuto necessario della grazia di Dio, potesse condurre una vita moralmente buona; in tal modo riduceva l'influenza della colpa di Adamo a quella di un cattivo esempio. Al contrario, i primi riformatori protestanti insegnavano che l'uomo era radicalmente pervertito e la sua libertà annullata dal peccato delle origini; identificavano il peccato ereditato da ogni uomo con l'inclinazione al male («concupiscentia»), che sarebbe invincibile. La Chiesa si è pronunciata sul senso del dato rivelato concernente il peccato originale soprattutto nel II Concilio di Orange nel e nel Concilio di Trento nel 1546.

UN DURO COMBATTIMENTO...
407 - La dottrina sul peccato originale - connessa strettamente con quella della redenzione operata da Cristo - offre uno sguardo di lucido discernimento sulla situazione dell'uomo e del suo agire nel mondo. In conseguenza del peccato dei progenitori, il diavolo ha acquisito un certo dominio sull'uomo, benché questi rimanga libero. Il peccato originale comporta «la schiavitù sotto il dominio di colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo». Ignorare che l'uomo ha una natura ferita, incline al male, è causa di gravi errori nel campo dell'educazione, della politica, dell'azione sociale e dei costumi.

408 - Le conseguenze del peccato originale e di tutti i peccati personali degli uomini conferiscono al mondo nel suo insieme una condizione peccaminosa, che può essere definita con l'espressione di san Giovanni: «il peccato del mondo» (Gv 1,29). Con questa espressione viene anche significata l'influenza negativa esercitata sulle persone dalle situazioni comunitarie e dalle strutture sociali che sono frutto dei peccati degli uomini.
409 - La drammatica condizione del mondo che «giace» tutto «sotto il potere del maligno» (1 Gv 5,19) fa della vita dell'uomo una lotta: «Tutta intera la storia umana è infatti pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre; lotta incominciata fin dall'origine del mondo, che durerà, come dice il Signore, fino all'ultimo giorno. Inserito in questa battaglia, l'uomo deve combattere senza soste per poter restare unito al bene, né può conseguire la sua interiore unità se non a prezzo di grandi fatiche, con l'aiuto della grazia di Dio.
IV. «Tu non l'hai abbandonato in potere della morte».
410 - Dopo la caduta, l'uomo non è stato abbandonato da Dio. Al contrario, Dio lo chiama, e gli predice in modo misterioso che il male sarà vinto e che l'uomo sarà sollevato dalla caduta. Questo passo della Genesi è stato chiamato «protovangelo», poiché è il primo annunzio del Messia redentore, di una lotta tra il serpente e la Donna e della vittoria finale di un discendente di lei.

411 - La Tradizione cristiana vede in questo passo un annunzio del «nuovo Adamo che, con la sua obbedienza «fino alla morte di croce» (FiI 2,8), ripara sovrabbondantemente la disobbedienza di Adamo. Inoltre, numerosi Padri e dottori della Chiesa vedono nella Donna an¬nunziata nel «protovangelo» la Madre di Cristo, Maria, come «nuova Eva». Ella è stata colei che, per prima e in una maniera unica, ha beneficiato della vittoria sul peccato riportata da Cristo: è stata preservata da ogni macchia di peccato originale e, durante tutta la sua vita terre¬na, per una speciale grazia di Dio, non ha commesso alcun peccato.
412 - Ma perché Dio non ha impedito al primo uomo di peccare? San Leone Magno risponde: «L'ineffabile grazia di Cristo ci ha dato beni migliori di quelli di cui l'invidia del demonio ci aveva privati». E san Tommaso d'Aquino: «Nulla si oppone al fatto che la natura umana sia stata destinata ad un fine più alto dopo il peccato. Dio permette, infatti, che ci siano i mali per trarre da essi un bene più grande. Da qui il detto di san Paolo: "Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbonda¬to la grazia" (Rm 5,20). Perciò nella benedizione del cero pasquale si dice: "O felice colpa, che ha meritato un tale e così grande Redentore!" »
Il nostro progenitore, in realtà non gode di un culto liturgico proprio, ma sia in Occidente che in Oriente, egli è venerato insieme a tutti gli antenati di Gesù Cristo ed i giusti del Vecchio Testamento, in un’unica celebrazione collettiva.
Il ‘Martirologio Romano’ al 24 dicembre, vigilia della Natività del Signore, commemora gli avi di Gesù, figli di Davide, figli di Abramo, figli di Adamo, che placarono l’ira di Dio e vissero come giusti e morirono in pace nella fede.

E verso la stessa data, in Oriente, più precisamente nella prima domenica dell’Avvento orientale, si commemorano gli stessi antenati; nel Canone della Messa è scritto: “Onoriamo per primo Adamo che, onorato dalla mano del Creatore e costituito primo nostro padre, gode del beato riposo, con tutti gli eletti nei tabernacoli celesti”.
Adamo è il padre del genere umano, che non deriva da un altro uomo per generazione, ma da Dio per creazione. Il senso etimologico del nome Adamo non è certo, secondo gli Autori, a volte assume il significato dell’uomo in genere, a volte il nome proprio del primo uomo.

Nell’antichità lo si mise in rapporto con ‘adham’ = rossastro, per il colore dell’argilla che servì per la formazione del suo corpo, ma oggi si preferisce collegarlo al termine ebraico “adhamah” = terra, per cui Adamo sarebbe colui che è stato in rapporto con la terra al principio, a metà e alla fine della sua vita; in sintesi Adamo, formato dalla terra, dovrà lavorarla per provvedere al suo sostentamento e infine tornerà alla terra dopo la sua morte (Genesi).

La creazione di Adamo è narrata nella Genesi in due racconti distinti ma complementari; nel primo (I, 26 e seg.) solenne e ieratico, si afferma che nel sesto giorno della creazione, dopo tutti gli altri esseri, Dio creò l’uomo e la donna a sua immagine e somiglianza, riguardo l’intelletto e alla volontà e per questo li pose al disopra di ogni altra creatura.
Il secondo racconto (2-3) è assai immaginoso; l’autore vi riassume antichissime tradizioni del Medio Oriente in un quadro letterario che fonde poesia, didattica, leggenda.

Vi si narra come Dio plasmò Adamo con la terra (adhamah) e gli insufflò nelle narici lo spirito vitale; poi giacché “non è bene che l’uomo resti solo”, gli mostrò gli animali cui Adamo diede un nome e vedendo che nessuno di essi poteva ‘stargli di fronte’, creò la donna, Eva, plasmandola con una delle sue costole dopo averlo immerso in un profondo sonno; al suo risveglio Adamo riconobbe in Eva la propria compagna.
Dio li pose in un giardino dell’Eden, il paradiso terrestre, ove si trovavano l’albero della vita e l’albero della scienza del bene e del male, e qui Adamo ed Eva vennero messi alla prova e soccombettero alle lusinghe del serpente.
Perciò furono puniti da Dio con la perdita del paradiso terrestre, dell’immortalità corporea, dell’amicizia divina e della felicità che vi era connessa; e conobbero la sofferenza, il duro lavoro, la malattia, la morte.
Da loro nacquero Caino, Abele, Seth e altri figli non nominati; secondo la cronologia della Bibbia, Adamo visse 930 anni.

Il peccato originale
Dio aveva creato l’uomo libero e lo lasciò in balia del suo arbitrio, ma egli doveva dimostrare la sua sottomissione a Dio, osservando la facile condizione impostagli, che l’autore sacro della Genesi illustra così: “D’ogni albero del Paradiso puoi mangiare; ma dell’albero della scienza del bene e del male non mangiarne, perché il giorno che tu ne mangiassi, moriresti di certo” (Gen. 2, 16 seg).
Adamo dovette conoscere il disegno di Dio e rendersi conto dell’immensa portata della sua elezione e della responsabilità del suo atto, quale capo giuridico e principio naturale di tutta l’umanità.
Ma c’era un nemico di Dio, invidioso della felicità dell’uomo, il principe degli angeli caduti Lucifero, che sotto le sembianze di un serpente sedusse la donna Eva e tramite lei attirò anche l’uomo nella trasgressione del precetto di Dio.
Il peccato di Adamo è ritenuto nella Genesi come conseguenza dell’ambizione superba di diventare come Dio nella scienza e legato all’amore disordinato verso la compagna, al cui invito non seppe resistere; ma san Paolo nella sua lettera ai Romani, lo specifica come un peccato di disubbidienza.

La punizione di Dio
Il racconto biblico ci presenta una specie d’interrogatorio, di indagine, di giudizio, fra Dio e le due creature umane e dopo il tentativo di scaricarsi in successione la responsabilità della colpa, l’uomo accusa la donna, la donna incolpa il serpente, il Creatore emette la sua triplice sentenza.

Prima contro il serpente-diavolo, causa principale di quel disastro: striscerà per terra e mangerà la polvere; fra il suo seme o discendenza e la discendenza della donna che aveva ingannata, vi sarà ostilità perpetua.

Alla donna Eva, le pene imposte sono proprie del suo sesso, sia come madre, sia come sposa, quindi sofferenza per le gravidanze, passione per l’uomo che vorrà sempre dominarla.
All’uomo Adamo, le pene sono duplici, sia come individuo sia come capo del genere umano e il suo castigo riguarda l’umanità, come tale in ambo i sessi; quindi il lavoro faticoso e continuo, gli stenti, la morte corporale e spirituale; poi la perdita dei doni preternaturali, la privazione della felicità naturale e soprannaturale, subentrando invece i mali fisici e morali, individuali e sociali, che rendono gravosa e infelice la vita, fino a spegnerla nella morte e nella decomposizione del sepolcro.
“Perché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero che ti avevo proibito, maledetto sia il suolo per causa tua! Con affanno ne trarrai il nutrimento, per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi farà spuntare per te, mentre tu dovrai mangiare le erbe dei campi. Con il sudore della tua faccia mangerai il pane, finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto, perché polvere sei e in polvere devi tornare!”.

Mentre castigava, Dio faceva trasparire tutta la sua bontà con il perdono dei colpevoli, con la totale mutua riconciliazione, facendo sentire loro la promessa del Salvatore, figlio della Donna che più forte del serpente-demonio, gli schiaccerà il capo, riedificando le rovine causate dal loro peccato.

Adamo da parte sua, accettò il castigo come giusta penitenza; una volta cacciato dall’Eden, stentò la vita, soffrì il dolore atroce di vedere il primo omicidio del mondo accadere fra i suoi figli Caino ed Abele, infine accolse la morte in espiazione del suo peccato originario.
Già nell’Antico Testamento si parla della penitenza di Adamo e dell’espiazione della sua colpa; perciò i Padri della Chiesa lo considerarono santo, e come tale è venerato con Eva dalla Chiesa Orientale; Dante Alighieri lo collocò nel Paradiso della sua Divina Commedia.

Dopo la sua espulsione dal paradiso terrestre, la Bibbia non dice più niente di lui, tranne quando parla dei figli avuti da Eva; Caino il primogenito, Abele ucciso da lui, Seth posto in luogo di Abele; e proprio la causa scatenante del fratricidio, cioè l’invidia per il gradimento di Dio per le offerte e sacrifici di Abele, ci fa comprendere che Adamo dovette ricevere da Dio la rivelazione delle verità religiose, dogmatiche e morali, da trasmettere ai figli e per essi ai discendenti, quindi l’offerta dei sacrifici cruenti ed incruenti, l’osservanza e la santificazione di alcuni giorni.
Nel Nuovo Testamento, san Paolo chiama Gesù Cristo “Nuovo Adamo” perché capostipite di una nuova generazione umana e apportatore della Redenzione e della vita, come il primo lo fu del peccato e della morte.

Tutti gli scrittori ecclesiastici e i Padri della Chiesa, sono del parere che Adamo ottenne il perdono di Dio, avendo vissuto come un santo penitente la sua lunghissima vita, animato dalla fede e dalla speranza del Liberatore promesso, per i cui meriti egli ottenne la salvezza finale.

A questa persuasione, appartiene la tradizione, assai diffusa tra gli scrittori ecclesiastici antichi, fondata sulla leggenda della sepoltura di Adamo sul Calvario, secondo la quale il sangue redentore di Cristo Crocifisso, sarebbe caduto sul cranio di lui, ricevendo così per primo gli effetti della Redenzione.
Numerosissima è l’iconografia, specie funeraria, che raffigura Adamo con Eva vicino all’albero della Conoscenza, con il serpente tentatore avvinghiato; ma anche nella scena della cacciata della coppia dall’Eden.

Torna ai contenuti